CIRCOLARE n. 41/2022 – D.LGS 105/2022 – Decreto conciliazione vita lavoro
È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2022, n. 176 il D.Lgs. 30 giugno 2022, n. 105 di attuazione della direttiva UE n. 2019/1158 in materia di conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza. Il decreto, in vigore dal 13 agosto 2022, introduce nuove tutele in materia di congedo di paternità obbligatorio, congedo parentale e di assistenza alle persone con disabilità Nuove regole anche per il diritto all’indennità di maternità in favore delle lavoratrici autonome e delle libere professioniste, nonché in materia di priorità di accesso allo smart working ed al part-time.
Si riportano di seguito le principali novità previste dal decreto in materia di conciliazione vita lavoro.
Congedo obbligatorio di paternità (art. 27 bis, D.Lgs. n. 151/2001, introdotto dall’art. 2 del D.Lgs. n. 105/2022)
Resta confermata la durata massima del congedo obbligatorio fissata in 10 giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare, anche in via non continuativa, da parte del padre lavoratore nell’arco temporale che va dai 2 mesi precedenti ai 5 successivi al parto (attualmente possibile solo nei 5 mesi successivi al parto), sia in caso di nascita che di morte perinatale del bambino. Nel caso di parto plurimo la durata del congedo passa a 20 giorni lavorativi; negli altri casi rimane di 10 giorni.
Il congedo è fruibile dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice. Il congedo si applica anche al padre adottivo o affidatario.
Il congedo è riconosciuto anche al padre che fruisce del congedo di paternità ai sensi dell’art. 28 D.Lgs. n. 151/2001 (Congedo di paternità alternativo).
Per l’esercizio del diritto, il padre comunica in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all’evento nascita, sulla base della data presunta del parto, fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva.
I congedi di paternità sono interamente retribuiti (indennità a carico INPS pari al 100% della retribuzione) e coperti da contribuzione utile ai fini pensionistici.
Pertanto, a differenza della previgente disciplina prevista per il congedo obbligatorio del padre:
-può essere fruito a partire dai 2 mesi prima della data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi alla nascita del figlio (non più solamente entro i 5 mesi successivi alla nascita);
-è raddoppiato a 20 giorni, in caso di parto plurimo.
Per i casi di rifiuto, opposizione o ostacolo all’esercizio del diritto al congedo di paternità è prevista una sanzione amministrativa (variabili fra 516 e 2.582 euro) e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
Congedo parentale lavoratori dipendenti (art. 32, 34, D.Lgs. 151/2001, modificati dall’art. 2 del D.Lgs. n. 105/2022)
I periodi indennizzabili di congedo parentale sono i seguenti:
– alla madre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
– al padre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
– entrambi i genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).
Restano, invece, immutati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori previsti dall’articolo 32 del T.U. ossia:
– la madre può fruire di massimo 6 mesi di congedo parentale per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento;
– il padre può fruire di massimo 6 mesi (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento;
– entrambi i genitori possono fruire complessivamente massimo di 10 mesi di congedo parentale (elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento.
Al genitore solo, sono riconosciuti 11 mesi (e non più 10 mesi) continuativi o frazionati di congedo parentale, di cui 9 mesi (e non più 6 mesi) sono indennizzabili al 30 per cento della retribuzione. La novella normativa precisa che per genitore solo deve intendersi anche il genitore nei confronti del quale sia stato disposto, ai sensi dell’articolo 337-quater del codice civile, l’affidamento esclusivo del figlio.
Per i periodi di congedo parentale ulteriori ai 9 mesi indennizzabili per entrambi i genitori o per il genitore solo, è dovuta, fino al dodicesimo anno (e non più fino all’ottavo anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.
I periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva
Per i casi di rifiuto, opposizione o ostacolo all’esercizio del diritto al congedo di paternità è prevista una sanzione amministrativa (variabile fra 516 e 2.582 euro) e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
Congedi straordinari (art. 42, c. 5, D.Lgs. 151/2001 modificato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 105/2022)
Con riferimento alla concessione del congedo straordinario ex art 42 D.Lgs. 151/2001 pari a 2 anni nell’arco della vita lavorativa, interamente retribuiti (indennità a carico INPS corrispondente all’ultima retribuzione percepita) e coperti da contribuzione figurativa, ENTRO massimale rivalutato annualmente, per l’assistenza di familiari con grave disabilità, sono previsti:
– l’equiparazione, ai fini della concessione del congedo, del convivente di fatto (di cui all’art. 1, c. 36, della L. n. 76/2016) al coniuge ed alla parte di un’unione civile.
Viene ridotto da 60 a 30 giorni il termine – decorrente dalla richiesta – entro cui il lavoratore ha diritto alla fruizione del congedo.
Il diritto al congedo spetta (agli aventi diritto) anche nel caso in cui la convivenza sia stata instaurata successivamente alla richiesta di congedo.
Il decreto, quindi, ribadisce quali sono i titolari del beneficio in ordine decrescente:
– coniuge convivente o parte di un’unione civile o convivente di fatto;
– in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o parte di un’unione civile o convivente di fatto hanno diritto di fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi;
– in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi;
– in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o delle sorelle conviventi;
-in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi, ha diritto a fruire del congedo il parente o l’affine entro il terzo grado convivente.
L’inosservanza delle disposizioni è punita con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582.
Per i casi di rifiuto, opposizione o ostacolo all’esercizio del diritto al congedo straordinario è prevista una sanzione amministrativa (variabile fra 516 e 2.582 euro) e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006 o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
In sintesi, con riferimento al congedo straordinario per l’assistenza a familiari disabili in situazione di gravità:
– viene introdotto il c.d. “convivente di fatto” tra i soggetti individuati prioritariamente dal legislatore ai fini della concessione del congedo in parola, in via alternativa e al pari del coniuge e della parte dell’unione civile;
– si stabilisce che il congedo in esame spetta anche nel caso in cui la convivenza, qualora normativamente prevista, sia stata instaurata successivamente alla richiesta di congedo.
Permessi per assistere persona con disabilità (art. 33, c. 2- 3, L. n. 104/1992 modificato dall’art. 3 del D.Lgs. n. 105/2022)
Modificato l’art. 33, comma 2, L. 104/92 prevedendo che la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, c. 1, L. n. 104/1992 possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a 3 anni del congedo parentale di cui all’art. 33 del D.Lgs. n. 151/2001 di 2 ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
Modificato anche l’art. 33, comma 3; L. 104/92 prevedendo che il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha diritto a fruire di 3 giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un’unione civile, convivente di fatto, parente o affine entro il secondo grado. In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un’unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i 65 anni di età, il diritto è riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità. Fermo restando il limite complessivo di 3 giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro.
Il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti di cui all’articolo 33 L. 104/92, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
In sintesi, viene eliminato di fatto il principio del “referente unico dell’assistenza”, in base al quale, nel previgente sistema, a esclusione dei genitori – a cui è sempre stata riconosciuta la particolarità del ruolo svolto – non poteva essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei giorni di permesso per l’assistenza alla stessa persona in situazione di disabilità grave.
Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli aventi diritto, che possono fruirne in via alternativa tra loro.
Priorità di accesso allo smart working (art. 33, c. 6 bis, c. 7-ter, L. n. 104/1992, inseriti dall’art. 3 del D.Lgs. n. 105/2022 e art. 18, c. 3 bis, L. 81/2017 modificato dall’art. 4 del D.Lgs. n. 105/2022)
I lavoratori che usufruiscono dei permessi di cui ai cc. 2 e 3 dell’art. 33, L. n. 104/2022 hanno diritto di priorità nell’accesso al lavoro agile ai sensi dell’art. 18, c. 3-bis, della L. n. 81/2017 o ad altre forme di lavoro flessibile. Restano ferme le eventuali previsioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva nel settore pubblico e privato.
I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a 12 anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità ai sensi dell’art. 3, c. 3, L. n 104/1992.
La stessa priorità è riconosciuta da parte del datore di lavoro alle richieste dei lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, c. 1, della L. n. 104/1992 o che siano caregivers ai sensi dell’art. 1, c. 255, della L. 205/2017.
Il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti, ove rilevati nei 2 anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
Congedi parentali per Co.co.co (art. 8. c. 4, D.Lgs. n. 81/2017, come modificato dall’art. 4 del D.Lgs. n. 105/2022)
Le lavoratrici ed i lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, c. 26, della L. n. 335/1995, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, tenuti al versamento della contribuzione maggiorata di cui all’art. 59, c. 16, della L. n. 449/1997, hanno diritto ad un trattamento economico per congedo parentale per un periodo pari a 3 mesi ciascuno entro i primi 12 anni di vita del bambino. Entro lo stesso termine, i genitori hanno diritto, in alternativa tra loro, ad ulteriori 3 mesi di congedo.
I trattamenti economici per congedo parentale, ancorché fruiti in altra gestione o cassa di previdenza, non possono complessivamente superare tra entrambi i genitori il limite complessivo di 9 mesi.
Maternità anticipata lavoratrici autonome / congedo parentale per lavoratori autonomi (art. 68, c. 2-ter. e art. 70, D.Lgs. n. 151/2001, modificati dall’art. 2 del D.Lgs. n. 105/2022)
Le lavoratrici autonome hanno diritto all’indennità giornaliera di maternità anche per i periodi antecedenti i 2 mesi prima del parto “nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, sulla base degli accertamenti medici di cui all’articolo 17, comma 3”del T.U. L’indennità per i periodi antecedenti i 2 mesi prima del parto è, pertanto, erogabile in presenza di un accertamento medico della ASL, come previsto dal rinvio all’articolo 17, comma 3, dello stesso T.U.
Il decreto legislativo n. 105/2022 innova anche la disciplina dei congedi parentali per i lavoratori autonomi di cui al Capo XI del T.U., riconoscendo il diritto al congedo parentale anche ai padri lavoratori autonomi. Dalla nuova formulazione deriva il diritto a 3 mesi di congedo parentale per ciascuno dei genitori, da fruire entro l’anno di vita (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) del minore.
Priorità al part-time (art. 8, D.Lgs. n. 81/2015, modificato dall’art. 5 del D.Lgs. n. 105/2022)
Modificato l’art. 8, comma 4, D.Lgs. 81/2015 prevedendo che in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti anche riguardanti la parte di un’unione civile o il convivente di fatto è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Modifiche antidiscriminatorie (art. 2-bis, L. n. 104/1992, modificato dall’art. 3 del D.Lgs. n. 105/2022 e art. 5- bis, D.Lgs. n. 81/2015 inserito dall’art. 5 del D.Lgs. n. 105/2022)
È vietato discriminare o riservare un trattamento meno favorevole ai lavoratori che chiedono o usufruiscono dei benefici di cui all’art. 33 della L. n. 104 e 42 del D.Lgs. n. 151/2001, all’art. 18, c. 3-bis, della L. n. 81/2017, e all’art. 8 del D.Lgs. n. 81/2015, nonché di ogni altro beneficio concesso ai lavoratori medesimi in relazione alla condizione di disabilità propria o di coloro ai quali viene prestata assistenza e cura.
La lavoratrice o il lavoratore che richiede la trasformazione del contratto a sensi dell’art. 8 D.Lgs 81/2015 (comma 4 (In caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, la parte di un’unione civile di cui all’articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 o il convivente di fatto ai
sensi dell’articolo 1, comma 36, della medesima legge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale) e comma 5 (in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 104 del 1992, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.) non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione del precedente periodo è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla.
La violazione delle disposizioni ove rilevata nei 2 anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
Distinti saluti.
TERRAZZINI & PARTNERS