CIRCOLARE n. 38/2022 – D.LGS 104/2022 – Decreto Trasparenza attuazione della direttiva UE 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili MODIFICHE ALLE NORME CHE REGOLANO I RAPPORTI DI LAVORO
Oltre agli obblighi informativi introdotti ed analizzati nella Ns. Circolare 37 / 2022, con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2022, n. 176 il D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104 (c.d. decreto Trasparenza) di attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, sono state modificate alcune disposizioni normative inerenti i rapporti di lavoro.
Si riportano di seguito le principali novità normative che regolano i rapporti di lavoro previste dal decreto Trasparenza che entrerà in vigore dal 13 Agosto 2022.
Durata massima del periodo di prova (art. 7, D.Lgs. n. 104/2022)
Nei casi in cui è previsto il periodo di prova, questo non può essere superiore a 6 mesi, salva la durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi.
Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego. In caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.
La malattia, l’infortunio, il congedo di maternità o paternità obbligatori prolungano il periodo di prova in misura corrispondente alla durata dell’assenza.
Si segnala che non è stato specificato il parametro da considerare per effettuare la proporzione, si ipotizza siano 12 mesi, pertanto in caso di contratto a temine di durata di 6 mesi, il periodo di prova dovrebbe essere dimezzato (n.d.r.)
Cumulo di impieghi (art. 8, D.Lgs. n. 104/2022)
Fermo restando il divieto per il lavoratore di trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, e di divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo pregiudizievole per la stessa (art. 2105, cod. civ.), il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario esterno alla programmazione dell’attività lavorativa concordata, né per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole.
Il datore di lavoro può limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro, qualora sussista una delle seguenti condizioni:
- un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi;
- la necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico;
- il caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto d’interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’art. 2105, cod. civ.
Tali disposizioni si applicano anche ai rapporti di collaborazione coordinate e continuativa.
Prevedibilità minima del lavoro (art. 9, D.Lgs. n. 104/2022)
Quando l’organizzazione del lavoro sia interamente o in gran parte imprevedibile, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa, se non ricorrono entrambe le seguenti condizioni:
– la preventiva indicazione delle ore e giorni di riferimento durante i quali il lavoro può aver luogo, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera p), numero 2 del D.Lgs. n. 152/1997, come novellato;
– un ragionevole periodo di preavviso, entro il quale il lavoratore deve essere informato dal datore di lavoro in merito all’incarico di lavoro.
In assenza di una o entrambe le condizioni, il lavoratore ha il diritto di rifiutare di assumere un incarico di lavoro o di rendere la prestazione, senza subire alcun pregiudizio anche di natura disciplinare.
Il datore di lavoro che abbia stabilito, conformemente ai criteri individuati dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero delle ore minime retribuite garantite deve informare il lavoratore:
- del numero delle ore minime retribuite garantite su base settimanale, nella misura indicata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
- delle maggiorazioni retributive, in misura percentuale rispetto alla retribuzione oraria base, spettanti per le ore lavorate in aggiunta alle ore minime retribuite garantite.
Qualora il datore di lavoro revochi un incarico o una prestazione di lavoro precedentemente programmati, senza un ragionevole periodo di preavviso, è tenuto a riconoscere al lavoratore la retribuzione inizialmente prevista per la prestazione pattuita dal contratto collettivo, ove applicabile o, in mancanza, una somma a titolo di compensazione per la mancata esecuzione dell’attività lavorativa, la cui misura non può essere in ogni caso inferiore al 50% del compenso inizialmente pattuito per la prestazione annullata.
Tali disposizioni si applicano anche ai rapporti di collaborazione coordinate e continuativa.
Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili (art. 10, D.Lgs. n. 104/2022)
Ferme restando le disposizioni più favorevoli già previste dalla legislazione vigente, il lavoratore che abbia maturato un’anzianità di lavoro di almeno 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente e che abbia completato l’eventuale periodo di prova, può richiedere per iscritto che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile.
In caso di risposta negativa da parte del datore di lavoro o committente, può essere presentata una nuova richiesta dopo che siano trascorsi almeno 6 mesi dalla precedente.
Entro un mese dalla richiesta del lavoratore il datore di lavoro o il committente fornisce risposta scritta motivata. In caso di richiesta reiterata da parte del lavoratore di analogo contenuto, i datori di lavoro persone fisiche o le imprese che occupano fino a 50 dipendenti possono rispondere in forma orale qualora la motivazione della risposta rimanga invariata rispetto alla precedente.
Formazione obbligatoria (art. 11, D.Lgs. n. 104/2022)
Quando il datore di lavoro è tenuto, in forza di previsioni di legge o di contratto individuale o collettivo, ad erogare ai lavoratori una formazione per lo svolgimento del lavoro per cui sono impiegati, tale formazione, da garantire gratuitamente a tutti i lavoratori, deve essere considerata come orario di lavoro e, ove possibile, deve svolgersi durante lo stesso.
Tale obbligo non riguarda la formazione professionale o la formazione necessaria al lavoratore per ottenere, mantenere o rinnovare una qualifica professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla secondo la legge o la contrattazione collettiva.
Restano ferme le disposizioni di cui agli artt. 36 e 37, D.Lgs. n. 81/2008, relative all’informazione e alla formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti in tema di salute e sicurezza sul lavoro.
Meccanismi di risoluzione rapida e diritto di ricorso (art. 12, D.Lgs. n. 104/2022)
Ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria e amministrativa e salvo specifiche procedure previste dai contratti collettivi di lavoro, in caso di violazioni dei diritti previsti dal D.Lgs. n. 104/2022 e dal D.Lgs. n. 152/1997, i lavoratori, compresi coloro il cui rapporto di lavoro è cessato, possono:
- esperire il tentativo di conciliazione presso gli uffici territoriali dell’Ispettorato Nazionale del lavoro;
- ricorrere ai collegi di conciliazione ed arbitrato;
- rivolgersi alle camere arbitrali previste dall’art. 31, comma 12, L. n. 183/2010.
Protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli (art. 13, D.Lgs. n. 104/2022)
E’ prevista la possibilità di presentare denuncia all’Ispettorato Nazionale del Lavoro da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti che subiscano comportamenti ritorsivi o con effetti sfavorevoli in conseguenza della presentazione di un reclamo o dell’avvio di un procedimento, anche non giudiziario promossi a tutela dei diritti previsti dal D.Lgs. n. 104/2022 e dal D.Lgs. n. 152/1997. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro applica la sanzione amministrativa prevista dall’art. 41, comma 2, D.Lgs. n. 198 del 2006 (ammenda da 250 euro a 1500 euro).
La denuncia può anche essere presentata dall’organizzazione sindacale delegata dal lavoratore.
Protezione contro il licenziamento o contro il recesso del committente e onere della prova (art. 14, D.Lgs. n. 104/2022)
Viene introdotto un principio di protezione dei lavoratori che esercitano i diritti previsti dal D.Lgs. n. 104/2022 e dal D.Lgs. n. 152/1997, con onere della prova a carico del datore di lavoro o committente.
Fatta salva la disciplina generale sulla forma del licenziamento – prevista dall’art. 2 della legge n. 604 del 1996 – i lavoratori estromessi dal rapporto o comunque destinatari di misure equivalenti al licenziamento adottate nei loro confronti dal datore di lavoro o dal committente possono fare espressa richiesta al medesimo dei motivi delle misure adottate. Il datore di lavoro o il committente devono fornire, per iscritto, tali motivi entro 7 giorni dall’istanza.
Distinti saluti.
TERRAZZINI & PARTNERS